Dopo anni di stasi, due nuove molecole per la cura del melanoma. Oncologi riuniti nel più importante convegno mondiale ne illustrano le grandi potenzialità

CHICAGO - «Il melanoma, sebbene sia un tumore molto aggressivo, ha l’enorme vantaggio di essere immediatamente visibile e diagnosticabile: con più attenzione da parte delle persone, una migliore prevenzione e dunque diagnosi precoci sarebbe possibile evitare quei 1.600 tumori scoperti ogni anno in Italia quando sono ormai metastatici e lasciano poche speranze». A sottolineare le grandi possibilità, ancor troppo spesso sprecate, di “giocare d’anticipo” contro la più diffusa forma di neoplasia della pelle è Alessandro Testori, direttore della Divisione melanomi e sarcomi muscolo cutanei dell'Istituto europeo di oncologia di Milano. L’esperto parla da Chicago, dove si è tenuto nei giorni scorsi il congresso dell’Associazione americana di oncologia (Asco, il più importante appuntamento mondiale per gli specialisti) e dove – dopo decenni di stallo – anche per il melanoma sono state segnalate importanti novità terapeutiche, dedicate proprio ai pazienti più “delicati”, quelli con una malattia in fase avanzata.
NUOVE ARMI CONTRO LE METASTASI – Quando il melanoma viene diagnosticato in fase metastatica, purtroppo, le possibilità di cura sono limitate. Ora però – dopo decenni di ricerche fallite - le cose stanno cambiando, grazie soprattutto alle “target therapies”, farmaci che colpiscono specifiche mutazioni genetiche del tumore. All’Asco, infatti, sono stati presentati due importanti studi per i pazienti con tumore in stadio avanzato e due farmaci (ipilimumab, questo il nome della molecola, prodotta da Bristol-Myers Squibb, e vemurafenib dalla Roche) che hanno dimostrato di allungare la sopravvivenza e ridurre il rischio di morte a breve termine. Si tratta di medicinali giunti all’ultima fase di sperimentazione e pertanto non ancora in commercio, ma ricevibili solo all’interno di protocolli sperimentali. Entrambe le molecole hanno una tossicità ridotta, con effetti collaterali riguardanti per lo più eruzioni cutanee, e sono state generalmente ben tollerate dai partecipanti ai trial.
ECCO COME FUNZIONANO - Nello specifico, una ricerca ha provato che l’uso della molecola “rafforza-difese immunitarie” ipilimumab, in prima linea in combinazione con la chemioterapia standard, migliora la sopravvivenza in misura notevole: dopo tre anni di cura, infatti, è vivo il 20-25 per cento dei malati contro il solo 5 per cento del passato. «Si tratta - chiarisce il direttore della Divisione di oncologia e immunoterapia del Policlinico di Siena Michele Maio, dove parte dei test sono stati condotti - di curare il melanoma con un approccio nuovo e rivoluzionario, l’immunoterapia che agisce rafforzando le cellule del sistema immunitario, che diventano così in grado di cercare e distruggere le cellule cancerose». Molto positivi si sono rivelati anche i dati sulla piccola molecola sperimentale vemurafenib, a somministrazione orale, progettata per colpire selettivamente una forma mutata cancerogena della proteina Braf, che si trova nella metà di tutti i casi di melanoma. «Anche i pazienti con malattia avanzata rispondono brillantemente al trattamento in soli 15 Giorni – dice Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di oncologia medica e terapie innovative all’Istituto dei tumori Fondazione Pascale di Napoli, secondo centro al mondo per reclutamento di pazienti nel trial -. Il farmaco porta a una diminuzione del 63 per cento del rischio di decesso, e un calo significativo del rischio di peggioramento della malattia, del 74 per cento rispetto alla chemioterapia». Secondo gli esperti, la combinazione tra i due farmaci potrebbe essere mortale per il melanoma, tanto che le due case farmaceutiche hanno deciso di coalizzarsi e hanno già siglato un accordo per far partire una sperimentazione congiunta su entrambe le molecole.
Vera Martinella